di MARTINA PAPAIANNI e CRISTIANA FIAMINGO
SITUATA al centro della Calabria, Vibo Valentia si trova su una collina che si innalza dalla pianura di Sant’Eufemia. La sua storia risale a 8.000 anni fa: è stata città greca, poi romana e infine bizantina. Distrutta nel 983 d.C. dai Saraceni fu ricostruita dall’imperatore Federico II di Svevia. Nel corso della sua storia, Vibo Valentia ha cambiato varie volte il suo nome.
Inizialmente fu Hipponion sotto i Greci, fondata dai Locresi alla fine del VI sec. a.C. Alla sua fondazione fu attribuita una leggenda: i Greci, infatti, erano convinti che fosse stata fondata da Ippone, eroe focese approdato in questi territori dopo la caduta di Troia. La storia greca di Vibo è testimoniata dal nostro Museo Archeologico Nazionale di Vibo Valentia, dove è possibile ammirare i resti di Hipponion e anche dalle mura greche appena fuori città.
Durante la storia romana la città prende quello che è il suo nome attuale, conquistata dell’Impero intorno al 275 d.C., dove fu poi fondata una colonia latina con il nome di Valentia unito a Veip latinizzato Vibo. Di questo periodo ci rimangono le geometrie del borgo medievale, circondato dai palazzi di tufo giallo e blocchi di pietra lavica.
Un altro dei suoi innumerevoli nomi è stato Monteleone. Esso deriverebbe dal suo aspetto simile a quello di un leone adagiato su un monte. Questo nome è dovuto a Roberto il Guiscardo che nel 1056 ha iniziato la sua avventura alla conquista della Calabria.
Nel 1060 Reggio e la Calabria si arrendono al potere di Roberto e del fratello Ruggero e, grazie a quest’ultimo, Vibo Valentia riprende qualche segno di vita.
Appartiene alla dominazione normanna il Castello normanno-svevo edificato da Ruggero di Normanno verso la metà dell’anno Mille.
Vibo Valentia riassunse il suo nome latino nel 1928 in seguito all’avvento del Fascismo e dalla presa del potere da parte di Benito Mussolini, attribuendo i propri nomi latini a svariate città dell’Italia meridionale in omaggio alla politica fascista di romanizzazione dell’Italia. A testimoniare questo periodo vi è la statua di Luigi Razza, in piazza San Leoluca.